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Il futuro delle stazioni appaltanti

a cura dell’avvocato Lucio Lacerenza.

L’art. 38 co. 1 del d.lgs. 50/2016 prevede la qualificazione delle stazioni appaltanti, previa iscrizione in un apposito elenco tenuto da Anac al ricorrere di un complesso di requisiti, con l’evidente finalità di migliorare la funzione di acquisto degli organismi pubblici. Secondo detta norma sono iscritti di diritto nel citato elenco il Ministero delle infrastrutture, i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, Consip, Invitalia ed i soggetti aggregatori regionali, per i quali opera dunque l’esenzione dall’attestare i requisiti qualificanti.

Premesso che ad oggi non è stato adottato il decreto attuativo che dovrebbe definire i requisiti tecnico-organizzativi per l’iscrizione all’elenco nonché le modalità di attestazione/aggiornamento/revoca della qualificazione (art. 38, co. 2), il nuovo codice degli appalti delinea già i “requisiti base” necessari alla qualificazione stessa, e segnatamente: (i) presenza di una struttura stabile in grado di procedere alle attività di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione degli appalti; (ii) disponibilità di personale con specifiche competenze in materia di appalti; (iii) sistema di formazione ed aggiornamento del personale; (iv) numero di gare svolte nel quinquennio con indicazione di tipologia, importo e complessità, numero di varianti approvate, verifica sullo scostamento tra gli importi posti a base di gara e consuntivo delle spese sostenute, rispetto dei tempi di esecuzione delle procedure di affidamento, di aggiudicazione e di collaudo; (v) rispetto dei tempi di pagamento delle imprese; (vi) assolvimento degli obblighi di comunicazione verso Anac circa i dati sugli appalti; (vii) per i lavori, adempimento degli obblighi su monitoraggio dello stato di attuazione delle opere pubbliche, verifica dell’utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti (art. 38 co. 4, lett. a).

Orbene, già da questi requisiti è chiaro l’obiettivo del Legislatore di rendere più efficiente il sistema di impiego delle risorse pubbliche.

Ma vi è di più. Nella direzione di impiegare le risorse pubbliche (sempre decrescenti) nel modo migliore ed in coerenza rispetto agli interessi generali, il Legislatore ha previsto una griglia di “requisiti premianti” tali da valorizzare la qualificazione delle stazioni appaltanti. L’articolo 38 co. 4, lett. b), attribuisce infatti rilievo alla: (i) valutazione positiva dell’Anac circa l’attuazione da parte dell’ente delle misure di prevenzione della corruzione; (ii) presenza di sistemi di gestione della qualità delle strutture e delle procedure di gara in conformità alla normativa ISO 9001; (iii) disponibilità di adeguate tecnologie informatiche nella gestione delle procedure di acquisto; (iv) soccombenza dell’ente nel contenzioso nel quale è parte convenuta o attrice; (v) applicazione dei criteri di sostenibilità ambientale e sociale nell’attività di progettazione e di affidamento.

Pertanto, l’obiettivo di qualificazione che le stazioni appaltanti devono conseguire -pena l’impossibilità di procedere autonomamente nell’acquisizione di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e di lavori di importo superiore a 150.000 euro – richiede, a sommesso parere, uno “sforzo preparatorio” che sin d’ora le amministrazioni devono compiere in considerazione, come sopra visto, che sono rilevanti non solo la struttura dell’ufficio acquisti dell’ente, ma anche la storicità della sua attività, misurata, ad esempio, attraverso il numero di gare svolte, il livello di soccombenza nel contenzioso, il rispetto dei tempi di pagamento dei fornitori. Nondimeno, assai rilevanti ai fini della qualificazione saranno la formazione e l’aggiornamento del personale, chiamato ad adeguarsi alla complessa (e non sempre chiara) normativa nonché alle sfide (penso alla progettazione esecutiva nel settore dei lavori) poste dal nuovo codice degli appalti. A tal riguardo è giunto quasi salvifico per le amministrazioni italiane il recentissimo monito della Commissione Europea (Raccomandazione 2017/1805 del 3 ottobre 2017) che ha sollecitato gli Stati membri alla “professionalizzazione degli appalti pubblici” mediante lo sviluppo delle competenze, l’attenzione ai risultati strategici, la previsione di adeguati programmi formativi, infine l’adozione di strumenti informatici in grado di semplificare i processi di acquisto.

È di tutta evidenza che se la spesa pubblica debba fungere da leva per la crescita della ricchezza nazionale, il Legislatore dovrà sostenere con risorse fresche il processo di qualificazione delle stazioni appaltanti. Solo in tal modo l’art. 38 del nuovo codice degli appalti potrà spiegare i suoi reali effetti.

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