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Rimandato alla Corte di giustizia europea il giudizio sull’applicabilità della disciplina comunitaria appalti

Il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza n. 4631 del 4 ottobre 2017 ha deciso di rimandare alla Corte di giustizia europea le questioni relative all’applicabilità della disciplina comunitaria in materia di appalti agli operatori economici destinatari di un finanziamento di scopo e agli ospedali privati convenzionati.

Nel testo della sentenza viene precisato che devono essere rimesse alla Corte di giustizia le questioni:

1) se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli artt. 1 e 2 della Direttiva 2004/18/CE, comprenda nel proprio ambito applicativo anche le operazioni complesse mediante le quali un’amministrazione pubblica aggiudicatrice intenda attribuire direttamente ad un determinato operatore economico un finanziamento di scopo, interamente finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore; se, di conseguenza, la citata normativa europea osti ad una disciplina nazionale che consenta l’affidamento diretto di un finanziamento di scopo finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore;

2) se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli artt. 1 e 2 della Direttiva 2004/18/CE, e gli artt. 49, 56, 105 ss. del Trattato UE, ostino ad una normativa nazionale che, equiparando gli ospedali privati “classificati” a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, in assenza dei requisiti per il riconoscimento dell’organismo di diritto pubblico e dei presupposti dell’affidamento diretto, secondo il modello dell’in house providing, li sottrae alla disciplina nazionale ed europea dei contratti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di realizzare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, ricevendo contestualmente un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione di tali forniture.

La Sezione ritiene dunque necessario sciogliere alcuni dubbi attinenti alla corretta interpretazione delle direttive europee, con particolare riguardo alla nozione di onerosità di cui all’art. 1, paragrafo 2, lettera a) della DIRETTIVA 2004/18/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, applicabile, ratione temporis, alla presente controversia. Secondo la citata disposizione, “Gli «appalti pubblici» sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva”.

Secondo la formulazione letterale della norma europea, l’onerosità riguarda il contenuto intrinseco del contratto stipulato dall’amministrazione aggiudicatrice con l’operatore economico. Applicando questo criterio interpretativo formale, l’affidamento in questione dovrebbe pertanto qualificarsi come gratuito, risultando scarsamente rilevante la previsione di un modesto costo per il recapito del prodotto.

Secondo una diversa lettura della direttiva, più aderente alla sua ratio e alla sua collocazione sistematica, l’onerosità dovrebbe essere riconosciuta anche nei casi in cui l’esecutore della fornitura riceva un significativo vantaggio economico da parte di un’altra amministrazione pubblica, allorché sia ragionevole ritenere, che detto finanziamento sia finalizzato proprio alla realizzazione del servizio o della fornitura in favore di altre amministrazioni pubbliche.

Tuttavia, poiché la proposta interpretazione sistematica della Direttiva potrebbe risultare in contrasto con la sua formulazione letterale, la Sezione ha ritenuto indispensabile proporre la questione pregiudiziale interpretativa alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.