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Nella gara di servizi e forniture è la stazione appaltante a decidere i requisiti della partecipazione in Ati

Il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza n. 4336 del 13 settembre 2017 stabilisce che spetta alla stazione appaltante decidere come devono essere ripartiti i requisiti nel caso della partecipazione di un’associazione temporanea d’impresa.

Il caso è relativo a una procedura aperta risalente al dicembre 2015 per una piattaforma di gestione del sistema informativo dei servizi trasfusionali delle aziende nella regione Emilia Romagna, per un importo massimo a base di gara di 5.600.000 euro IVA esclusa.

“Nel caso di specie – si legge nel testo della sentenza – la lex specialis non richiedeva la corrispondenza tra le quote di qualificazione e quelle di esecuzione limitandosi ad esigere, per la mandante, l’attestazione del possesso del fatturato specifico “almeno nella misura minima del 10%”, senza però correlare la quota di fatturato specifico dichiarata alla quota di esecuzione dell’appalto. Nella fattispecie la mandante disponeva di un fatturato superiore al minimo richiesto nella lex specialis di gara e dunque non poteva essere esclusa.

Né può sussistere l’illegittimità della lex specialis di gara (anch’essa impugnata) per non aver previsto la corrispondenza tra le quote: non vi è, infatti, alcuna disposizione normativa che la impone. Così come rientra nella discrezionalità della stazione appaltante stabilire il fatturato necessario per la qualificazione delle imprese, allo stesso modo spetta ad essa stessa stabilire le quote che devono essere possedute dalle imprese partecipanti ai raggruppamenti.

Pertanto se la stazione appaltante non ha ritenuto di inserire una clausola di tale tenore, ritenendo sufficiente limitarsi a prevedere una quota minima del 10% a prescindere dalla quota di esecuzione della prestazione, non può disporsi l’esclusione di una concorrente da una gara di appalto per la mancanza di un requisito non previsto dalla lex specialis di gara, e neppure stabilito dalla legge mediante eterointegrazione”.

Documenti correlati: Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 4336 del 13 settembre 2017