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Dispositivi medici, il possesso della certificazione CE alla stipula del contratto

a cura dell’avvocato Giovanni Savoia.

Per gli acquisti in ambito sanitario, relativi a prodotti soggetti a costante evoluzione tecnologica, è irragionevole richiedere il possesso della certificazione “marcatura CE” al momento della presentazione delle offerte, poiché “si finirebbe per penalizzare gli interessi delle stazioni appaltanti ad una continua innovazione ed aggiornamento dei dispositivi medici”.

Pertanto, essendo la certificazione collegata alla c.d. immissione in commercio, il momento rilevante in cui verificarne il possesso è quello della stipula del contratto, e non quello (antecedente) di presentazione delle offerte. È quanto ha stabilito la recente pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. III, 27 giugno 2017, n. 3145.

La fattispecie riguardava una gara per la fornitura chiavi in mano di un sistema multifunzionale per la radiologia digitale presso due aziende sanitarie della Regione Basilicata.

La seconda classificata aveva promosso ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva in favore di altro concorrente, denunciando il mancato possesso – al momento della presentazione delle offerte – della certificazione di conformità CE, e dunque la necessità di escludere l’aggiudicatario dalla gara per mancanza di uno degli elementi essenziali della fornitura.

In primo grado, il TAR Basilicata, con sentenza 13 gennaio 2017, n. 18, aveva respinto il ricorso, sostenendo che il commercio dei dispositivi medici non è soggetto ad autorizzazione preventiva e che la normativa in materia richiede unicamente l’aggiornamento periodico della banca dati tenuta dal Ministero della Salute ex L. n. 266/2002 delle informazioni relative a ciascun dispositivo da parte dei fabbricanti o loro mandatari e/o delegati, tra cui il possesso della certificazione di conformità CE (c.d. “marcatura CE”).

Di conseguenza, tutte le strutture del Servizio Sanitario devono controllare l’avvenuto inserimento nella citata banca dati ministeriale dei dati relativi al dispositivo medico che intendono acquistare prima dell’acquisto, e non prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte.

Pertanto non poteva essere escluso dalla gara il concorrente (poi aggiudicatario) che non avesse dimostrato il possesso della marcatura CE al momento della presentazione delle offerte, ma solo successivamente.

Chiamato a pronunciarsi in sede di appello, promosso dal ricorrente di primo grado, il Consiglio di Stato, con la sentenza citata, ha confermato la sentenza del TAR, richiamando il disposto di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 46/1997 (di attuazione della DIR. 93/42/CEE concernente i dispositivi medici), a mente del quale “I dispositivi, ad esclusione di quelli su misura e di quelli destinati ad indagini cliniche, che soddisfano i requisiti essenziali previsti all’articolo 3 devono recare al momento dell’immissione in commercio una marcatura di conformità CE…”.

È dunque la stessa normativa in materia a prevedere che il momento del possesso della marcatura CE coincida con quello della immissione in commercio.

Tale momento, secondo il Consiglio di Stato, non è certo quello di presentazione delle offerte, ma quello (successivo) della “stipula del contratto; ovvero con il momento dell’ordinazione dei dispositivi contemplati in contratto qualora intervengano successivi ulteriori aggiornamenti dei dispositivi medici dedotti nell’obbligazione contrattuale originaria”.

Ed infatti, per i giudici di Palazzo Spada “L’offerta in una gara pubblica è un atto unilaterale di natura pre-negoziale, che anticipa il momento della commercializzazione vera e propria che coincide con la distribuzione del prodotto vale a dire con la possibilità degli acquirenti di procedere in concreto all’acquisto”.

Ne consegue che “il momento rilevante ai fini della “immissione in commercio o in servizio”, in caso di appalto pubblico non può affatto coincidere logicamente con quello della scadenza del termine previsto dal bando”.

Al di là del dato formale, il Consiglio di Stato fornisce anche una motivazione di ordine sostanziale al proprio pronunciamento.

Nella sentenza, infatti, viene sottolineato che “le apparecchiature ed i sistemi in questione, sono soggetti ad una costante, progressiva e, spesso, minuta innovazione delle relative componenti di prodotto”; pertanto, lo scopo della disciplina (europea e nazionale) in materia è quello di assicurare il progresso tecnologico dei dispositivi medici e la piena concorrenza tra i produttori.

Ne deriva che anticipare – a pena di esclusione dalla gara – la necessità del possesso della certificazione di conformità CE al momento della presentazione dell’offerta sarebbe irragionevole, “in quanto si finirebbe per penalizzare gli interessi delle stazioni appaltanti ad una continua innovazione ed aggiornamento dei dispositivi medici”.

Con la sentenza qui commentata, dunque, il Consiglio di Stato conferma una “tendenza sostanzialistica” nella valutazione del possesso dei requisiti, che tuttavia, nel caso di specie, acquista un significato particolare, perché non ha come unico scopo quello di favorire la massima partecipazione e dunque la concorrenza, ma anche quello (parallelo) di favorire l’interesse della stazione appaltante ad acquistare un prodotto aggiornato e innovativo.

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