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Mancata suddivisione in lotti, l’appalto Consip “non favorisce la massima partecipazione”

Illegittimo l’appalto di Consip senza la suddivisione in lotti: lo ha stabilito il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 3110 del 26 giugno 2017. Nel caso di specie, oggetto dell’appalto era «l’affidamento del servizio di consulenza strategica, organizzativa, legale e merceologica, volto a supportare le attività di Consip s.p.a.» per l’importo globale massimo pari a auro 23.775.000,00. Il capitolato tecnico precisava che l’erogazione dei servizi sarebbe dovuta avvenire secondo i principi di «proattività e innovatività […] condivisione degli obiettivi e del rischio inerente; garanzia della qualità dell’affidamento attraverso un approccio integrato e non frammentato nella gestione del “processo produttivo” del supporto specialistico».

Nella sentenza si evidenzia che l’affidamento delle commesse pubbliche dovrebbe essere ormai caratterizzato da un accentuato favor per le piccole e medie imprese (c.d. PMI) [oggi compiutamente disciplinato dal nuove codice degli appalti pubblici, d.lgs. n. 50 del 2016], giusta l’art. 2, comma 1–bis d.lgs. n. 163 del 2006, come modificato dal d.-l. 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito dalla l. 7 agosto 2012, n. 135, previsione che non elide la discrezionalità della stazione appaltante nella determinazione del contenuto del bando di gara: questa inerisce al merito dell’azione amministrativa e si sottrae al sindacato del giudice amministrativo, salva la manifesta irragionevolezza o irrazionalità; la regola vale anche per la scelta di suddividere l’appalto in lotti.

L’appellante contestava il mancato frazionamento in lotti funzionali – procedura un tempo seguita – corrispondenti a prestazioni differenti facenti capo a distinte professionalità, attesa l’evidente eterogeneità di quanto richiesto: questa eterogeneità poi porta all’inevitabile indeterminatezza dell’oggetto del contratto da stipulare pur esaurita la procedura di gara. L’appellante insiste anche che una tale scelta non era accompagnata da un’adeguata motivazione sull’effettiva e concreta convenienza economica; e che in ogni caso il bando è tale per cui la platea dei concorrenti è stata ristretta a un minimo numero di società di consulenza per i pagamenti, facilmente individuabili in spregio ai principi generali in materia di gare pubbliche.

In secondo luogo, rileva l’appellante, il contratto posto in gara ha le caratteristiche del vietato (per i servizi intellettuali: art. 59 d.lgs. n. 163 del 2006) accordo-quadro configurato dagli artt. 3, comma 13, e 59 d.lgs. n. 163 del 2006. Per di più con il 20% del corrispettivo d’aggiudicazione è conseguibile solo dopo la negoziazione degli “obiettivi di risultato aziendale” di Consip (schema di contratto, art. 10, comma 3), sicché con incertezza di quantità per intero, e di prezzo per almeno il 20%; e considerando che in realtà l’incertezza sulla quota di prezzo è superiore al 20% perché è Consip si riserva senza limiti di concludere, nell’ambito dell’importo complessivo del contratto, specifici accordi “a corpo”, con corrispettivi da negoziare tra le parti attività, e da fatturarsi per stati di avanzamento (schema di contratto, art. 7, comma 5 e Capitolato tecnico, par. 4).

I giudici, nella sentenza, pongono ulteriormente l’accento sul fatto che invece di procedere previa suddivisione in lotti sia qualitativamente, sia quantitativamente differenziati, Consip s.p.a. ha bandito una gara in unico lotto che riguarda promiscuamente il servizio di consulenza strategica, organizzativa, legale e merceologica, volto a supportare le sue attività: al contempo prestazioni di servizi di consulenza strategico-organizzativa in ambito procurement, dunque di advisory strategico, di implementazione operativa delle iniziative individuate, e di consulenza legale.

Questa previsione è censurabile sotto i due dedotti profili, perché si trascendono i limiti di concorrenza, ragionevolezza e proporzionalità che connotano il margine di insindacabilità per discrezionalità dell’Amministrazione. Da un lato infatti immotivatamente e irragionevolmente, e per quella che si presenta come la centrale di committenza dell’amministrazione pubblica italiana, accorpa in un’unica gara (c.d. lotto unico o ‘macrolotto, di ben 23 milioni di euro) una tipologia di servizi (per di più non specifiche, visto il carattere ancora generale delle prestazioni) le cui così consistenti dimensioni economiche dovevano indurre al frazionamento in più lotti per non restringere irrazionalmente la partecipazione alla gare degli operatori del settore, in danno dei principi di concorrenza (e favor partecipationis), buon andamento dell’amministrazione, ragionevolezza e proporzionalità (cfr. Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038, dove stazione appaltante era la stessa Consip s.p.a.).

Da un altro lato si impone un non adeguatamente giustificato preliminare accoppiamento e del tutto eterogeneo degli offerenti e ad effetti restrittivi, cioè della diffusa attività professionale propria dell’avvocato con attività di diverso ordine e natura, esercitabili come attività d’impresa e di fatto esercitate solo da un numero assai ristretto di figure, dalle molto consistenti rispettive dimensioni (come del resto è ulteriormente mostrato dal numero di appena tre offerte).

(…)

Tutto questo – come l’interessato lamenta – crea, in violazione del ricordato art. 2, comma 1-bis e in eccesso di potere, contro il principio di massima partecipazione, una restrizione eccessiva del mercato, una riduzione della platea dei potenziali offerenti (per di più privatamente preselezionati) sproporzionata alle ampie disponibilità del possibile mercato professionale, inadeguata quanto ai parametri di valutazione: insomma, -come lamenta l’interessato – un’ingiustificata barriera all’ingresso della gara che nega i principi giuridici concorrenziali che sono alla base stessa del procedimento di evidenza pubblica.

Occorre del resto non dimenticare che principi eurounitari su cui fonda il sistema di selezione dei contratti pubblici sono improntati al criterio per cui è la garanzia dell’effettiva concorrenza a recare in sé la garanzia di efficienza e la scelta migliore delle risorse (cfr. art. 2 d.lgs. n. 163 del 2006).

Documenti correlati: Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 3110 del 26 giugno 2017