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Onerosità del soccorso istruttorio, il Tar del Lazio rimette la questione alla Corte di giustizia europea

Il Tar Lazio rimette alla Corte di giustizia la questione della compatibilità europea della disciplina nazionale in tema di onerosità del soccorso istruttorio.

Di seguito il testo riportato da www.giustizia-amministrativa.it.

Vanno rimesse alla Corte di giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali di interpretazione dell’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 in rapporto alla disciplina prevista dagli artt. 45 e 51 della Direttiva 2004/18/CE ed ai principi di massima concorrenza, proporzionalità, parità di trattamento e non discriminazione in materia di procedure per l’affidamento di lavori, servizi e forniture:

– se, pur essendo facoltà degli Stati membri imporre il carattere oneroso del soccorso istruttorio con efficacia sanante, sia, o meno, contrastante con il diritto comunitario l’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, nel testo vigente alla data del bando di cui trattasi laddove è previsto il pagamento di una “sanzione pecuniaria”, nella misura che deve essere fissata dalla stazione appaltante ( “non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria”), sotto il profilo dell’importo eccessivamente elevato e del carattere predeterminato della sanzione stessa, non graduabile in rapporto alla situazione concreta da disciplinare, ovvero alla gravità dell’irregolarità sanabile;

– se, al contrario, il medesimo art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 (sempre nel testo vigente alla data sopra indicata) sia contrastante con il diritto comunitario, in quanto la stessa onerosità del soccorso istruttorio può ritenersi in contrasto con i principi di massima apertura del mercato alla concorrenza, cui corrisponde il predetto istituto, con conseguente riconducibilità dell’attività, al riguardo imposta alla Commissione aggiudicatrice, ai doveri imposti alla medesima dalla legge, nell’interesse pubblico al perseguimento della finalità sopra indicata).

I. – Con una lunga ed articolata ordinanza, la terza sezione del Tar Lazio affida alla CGE alcuni dubbi di compatibilità comunitaria del noto art. 38 del previgente codice dei contratti pubblici, in particolare sotto il profilo dell’onerosità del c.d. soccorso istruttorio di cui alla disciplina introdotta ex novo nel 2014 dal d.l. n. 90.

II. – Il linea generale il Tar sottolinea come la norma di cui all’art. 38, comma 2 bis – in base alla quale la regolarizzazione, ottenuta a seguito di soccorso istruttorio, implica necessariamente una comminatoria di sanzione, “in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro” (il cui preciso importo deve essere previamente fissato dalle stazioni appaltanti) – susciti dubbi di compatibilità con i principi europei di proporzionalità, tassatività delle cause di esclusione, trasparenza delle procedure, massima partecipazione e massima concorrenza.
Incidentalmente va evidenziato come l’ordinanza limiti espressamente i propri dubbi alla disciplina originaria del 2014, rilevando come l’istituto in contestazione abbia subito un adeguato ridimensionamento con la normativa di cui al nuovo codice dei contratti pubblici (sul punto art. 83 comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016).
Sempre in sede ricostruttiva generale, l’ordinanza riassume i principi di cui alla legislazione europea utilizzati quali parametri di riferimento nonché i punti principali della norma censurata. In tale ottica ricostruttiva, ad essere sottoposta alla CGE è la peculiarità della disposizione laddove la stessa ha inteso introdurre, secondo una modalità costante e automatica, una “sanzione pecuniaria” (come espressamente la definisce il comma 2 bis dell’art. 38 del Codice del 2006, così come peraltro oggi fa l’art. 83, comma 9, del nuovo Codice) che l’impresa concorrente è tenuta a versare all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore, per il solo “fatto” di avere omesso la produzione di una o più dichiarazioni, complete degli elementi contenutistici (e degli allegati eventualmente richiesti) necessari ad attestare il possesso di un requisito sostanziale.
In dettaglio, il primo profilo oggetto di rimessione concerne l’entità e la modalità di quantificazione della sanzione pecuniaria in sé considerata (e, dunque, a prescindere dall’essere essa correlata oppure no alla scelta dell’impresa di sanare l’irregolarità, producendo la documentazione mancante), dinanzi alle quali si pone il serio dubbio della compatibilità della norma italiana con il principio di proporzionalità nell’ambito degli affidamenti pubblici. Nella specie la sanzione ammontava a 35mila euro.
Analogamente, in tale prospettazione si inserisce anche la contestazione della possibilità, insita nella norma, di applicare la medesima sanzione sia in ipotesi di grave difformità rispetto alle prescrizioni del bando, sia in caso di inadempienze dichiarative di limitata entità benché essenziali (può anche trattarsi, in concreto, della mancata sottoscrizione o produzione di una singola dichiarazione, prescritta in via imperativa dalla legge di gara), con conseguente possibile contrasto – oltre che con la proporzionalità – con il principio di parità di trattamento.
In secondo luogo, la norma viene censurata anche sotto il profilo del possibile contrasto con il principio fondamentale della massima concorrenza nell’ambito dell’Unione Europea il quale postula la necessità che sia perseguita al massimo grado la partecipazione dei potenziali pretendenti all’affidamento di un contratto pubblico, imponendo a ciascuno Stato membro di rimuovere (non certo di introdurre) ostacoli potenziali ed effettivi alla libertà di concorrenza, anche e soprattutto nel primario settore degli affidamenti pubblici di lavori, servizi e forniture.
In tale ottica la norma in esame, secondo l’ordinanza, può provocare un’ingiustificata sperequazione delle imprese in relazione ad un (implicito) presupposto di fatto – la disponibilità delle risorse economiche necessarie al pagamento della sanzione – che è del tutto estraneo e non incide affatto sulla moralità, professionalità e affidabilità delle imprese. Si viene a creare una sorta di “pre-requisito” tale da danneggiare gravemente le imprese che partecipano ad un grande numero di procedure ad evidenza pubblica senza risultare aggiudicatarie di nessuna di esse, le quali possono essere disincentivate dal partecipare a gare future (con grave pregiudizio del valore della concorrenza).

III. – Per completezza, si segnala sul soccorso istruttorio:

a) in relazione al testo dell’art. 46 del vecchio codice dei contratti pubblici novellato dal d.l. n. 70 del 2011, Cons. St., A.P., 25 febbraio 2014, n. 9, in Foro it., 2014, III, 429, con note di TRAVI e SIGISMONDI; A.P., 20 marzo 2015, n. 3, id., 2016, III, 114, con nota di TRAVI; A.P., 2 novembre 2015, n. 9, ibidem, III, 66, con nota di CONDORELLI; Ad. plen., 27 luglio 2016, nn. 19 e 20, riportate nella News US in data 1 agosto 2016;

b) in relazione al testo dell’art. 46 cit. dopo la novella recata dal d.l. n. 90 del 2014 che ha introdotto il c.d. “soccorso istruttorio a pagamento”, Cons. St., sez. V, 22 agosto 2016, n. 3667, a mente della quale la sanzione di cui agli artt. 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, si applica nel caso in cui il concorrente ha presentato una offerta mancante di una dichiarazione e di un documento prescritto mentre è irrilevante se decide di avvalersi del soccorso istruttorio o meno; Cons. St., sez. V, 31 agosto 2016, n. 3753, secondo cui ai sensi dell’art. 48, comma 2, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 nelle gare pubbliche l’aggiudicatario e il secondo classificato devono presentare la documentazione comprovante il possesso dei requisiti tecnico-organizzativi ed economico – finanziari entro il termine di dieci giorni dalla data della richiesta e tale termine ha natura perentoria; le conseguenze immediatamente escludenti, che conseguono alla sua violazione, non consentono di accordare al concorrente, che tale violazione abbia commesso, il beneficio dell’errore scusabile, ovvero la sostanziale rimessione in termini connessa all’applicazione del c.d. ‘soccorso istruttorio a pagamento’ di cui al richiamato art. 38, comma 2-bis, atteso che, ove si consentisse all’impresa concorrente di accedere a quest’ultimo beneficio, si determinerebbe un’evidente violazione del principio della par condicio concorrenziale, ammettendo che un concorrente (il quale avrebbe dovuto comprovare il possesso dei requisiti di ordine oggettivo sin dalla partecipazione alla gara) non solo possa sottrarsi a tale obbligo senza conseguenze di sorta, ma che vi si possa sottrarre anche successivamente, cioè nel momento in cui viene richiesto di procedere alla comprova ai sensi del comma 2 dell’art. 48;

c) nella giurisprudenza di primo grado, in ordine all’esegesi del nuovo “soccorso istruttorio a pagamento” cfr., in senso espansivo, Tar Milano, sez. IV, 13 giugno 2016, n. 1180, senso restrittivo, Tar Lazio, sez. II, 6 giugno 2016, n. 6488.

Documenti correlati: Tar Lazio, sez. III, ord., 3 ottobre 2016, n. 10012 – Pres. De Michele, Est. Vallorani